GIOVEDI 30 NOVEMBRE 2017, ORE 18:00 - INAUGURAZIONE DELLA FEDERAZIONE DEL SOCIALE USB BENEVENTO
Presentazione del quaderno "Reddito di base contro reddito di inclusione. La povertà non è una colpa, il lavoro non è un obbligo ma un diritto". Verso la possibilità di connettere vertenze e lotte territoriali
Il secondo congresso nazionale dell’Usb ha visto la nascita di un nuovo ambito di organizzazione, denominato Federazione del sociale, che ha come obiettivo l’organizzazione di tutti quei settori di lavoratori e lavoratrici precari, intermittenti o autonomi che sono andati crescendo soprattutto negli ultimi anni. La nascita a Benevento della Federazione del sociale si configura come una necessità, in un territorio segnato da una fortissima disoccupazione, dalla mancanza di welfare, dalla desertificazione sociale e dalla devastazione ambientale. Questo nuovo cammino, a livello territoriale, nasce dall’incontro tra attivisti/e impegnati/e in un percorso antirazzista di mutualismo e autorganizzazione con i/le migranti/e che risiedono nel Sannioe la Federazione provinciale dell’Usb sempre presente nelle vertenze e lotte del mondo del lavoro nel nostro territorio. Un connubio fondamentale per unire gli sfruttati, indipendentemente dalla loro provenienza, e rispedire al mittente la guerra tra poveri in atto, praticando l’unità nei bisogni di chi, in varie modalità, subisce gli effetti della crisi. In una realtà contraddistinta da una vera e propria emergenza lavorativa e sociale, non è un caso che abbiamo scelto di inaugurare la nascita della Federazione del Sociale, presentando il quaderno, scritto da quest’ultima a livello nazionale, intitolato “Reddito di base contro reddito di inclusione”. Oggi più che mai bisogna ragionare di diritto al reddito anche al di fuori del lavoro, o per meglio dire, slegato da esso. In un contesto di precarietà diffusa e di oggettivo cambiamento del mondo del lavoro, troviamo necessario interrogarci sulle forme di welfare e di sostegno al reddito che esistono, o sono in fase di attuazione, nel nostro Paese. Esse rappresentano un sistema pervasivo di controllo dei poveri che non può lasciarci indifferenti. Le risorse stanziate somigliano di più ad un obolo, una forma di carità pelosache invece di mettere in discussione le cause della povertà, fornendo strumenti reali di emancipazione, fanno di essa una colpa da espiare. La condizionalità all’adesione ad un programma di formazione e inclusione lavorativa raffigura un vero e proprio ricatto ed una gabbia entro cui confinare coloro i quali beneficeranno del programma di assistenza varato recentemente dal governo con il nome di “reddito di inclusione”. Inoltre i criteri di selezione lasciano fuori una grossa fetta della popolazione, tra cui giovani disoccupati e precari, e tutte le situazioni che non rientrano nella definizione di nucleo familiare, che in questi anni di crisi hanno visto peggiorare in maniera progressiva le proprie condizioni di vita. Questa misura appare non solo come un palliativo assolutamente inefficace per contrastare la povertà in Italia, ma si inserisce a pieno titolo nel sistema di riforma del lavoro, che ha avuto nel Jobs Act la sua ultima catastrofica evoluzione. Un sistema che ha condannato alla precarietà milioni di persone, allargando ancor di più la forbice delle disuguaglianze nel nostro Paese. In tal senso crediamo sia importante legare l’opposizione alle riforme del lavoro ad una presa di parola relativa alle misure di contrasto alla povertà. La Federazione del Sociale ha scritto un quaderno, che presentiamo oggi, intitolato “Reddito di base contro reddito di inclusione”, nel tentativo di inserirsi nel dibattito a riguardo e lanciare una campagna che affermi la necessità di istituire un reddito di base indirizzato a tutte le persone, native e non, che risiedono in questo Paese e vivono una condizione di povertà assoluta e relativa, e che garantisca la libertà di scelta all’accesso ai progetti di inserimento sociale e lavorativo, gestiti dal pubblico. Soprattutto qui al Sud, in un contesto strutturale di disoccupazione e precarietà, di continua erosione dei servizi sociali, in cui la possibilità di avere un lavoro, una casa e un salario dignitoso, in molti casi, diventa un miraggio, crediamo che sia urgente porsi l’obiettivo di attuare le parole d’ordine di un vecchio slogan molto diffuso che recitava “lavoro o non lavoro, vogliamo campare”. La proposta della Federazione del Sociale pensiamo sia particolarmente efficace nell’avanzare una vertenza generalizzata che possa attuare dal basso una reale redistribuzione della ricchezza, che finalmente faccia pagare chi è causa della crisi e da questa si sta arricchendo sempre di più. Inoltre essa si configura come strumento essenziale per rompere la contrattazione a ribasso dei salari e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, rafforzando le lotte nel mondo del lavoro, e ricomponendo un blocco sociale estremamente frammentato.
Condividendo le parole del secondo congresso nazionale Usb, è arrivato il momento di “riprenderci tutto”.